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Connessioni che nutrono: due voci femminili per un'educazione diffusa, inclusiva e sostenibile

Con l’inizio dell’anno scolastico si aprono anche nuovi progetti educativi, esperienze laboratoriali, attività nelle scuole e sul territorio. In questa fase di ripartenza, abbiamo scelto di dare voce a due donne che, in ambiti differenti, lavorano nel mondo dell’educazione in modo diffuso, innovativo e radicato nel territorio, svolgendo il ruolo prezioso di mediatrici culturali, favorendo il dialogo tra il mondo produttivo, quello scolastico e quello sociale.

La mediazione culturale al centro del cambiamento verso la sostenibilità 

Due percorsi diversi, due ambiti di intervento distinti, ma una visione comune: l’educazione come strumento di trasformazione, relazione e cittadinanza attiva. Le esperienze di queste due donne mostrano come la sostenibilità non sia solo un obiettivo ambientale, ma anche umano, culturale e sociale. 
Mettere in connessione mondi che tradizionalmente si parlano poco – la scuola, l’impresa, le istituzioni, le comunità – richiede tempo, cura e coraggio. 
Ed è proprio questo lavoro di tessitura paziente che rende la mediazione culturale un atto creativo, capace di generare consapevolezza, senso di appartenenza e fiducia.  
Alcune domande ci aiutano a conoscere questo lavoro.

 

Matilde Robustelli della Cuna – Referente educazione e comunicazione della Latteria di Chiuro

 

latteria di chiuro matilde quadrata alta

 

Matilde Robustelli della Cuna è la responsabile della comunicazione di una cooperativa agricola valtellinese che produce yogurt e latticini nel rispetto dell’ambiente e della filiera corta. Da alcuni anni, oltre alla comunicazione istituzionale, si occupa del settore educativo: promuove percorsi nelle scuole, conduce laboratori di degustazione e approfondimento sul cibo, la sostenibilità, il benessere e l’attività fisica. Il suo lavoro, profondamente relazionale, si muove tra le aule scolastiche e il mondo della produzione locale, con l’obiettivo di creare fiducia, consapevolezza e rispetto reciproco tra consumatori, produttori e nuove generazioni. 
Nel suo percorso ha contribuito, insieme al team aziendale, alla redazione del primo Bilancio di Sostenibilità, un documento che oggi è giunto alla seconda edizione e rappresenta un riferimento concreto per migliorare le pratiche produttive, ma anche per coinvolgere in modo più consapevole chi consuma e vive il territorio.

1. Come è nata la tua vocazione per questo lavoro educativo all’interno di un contesto produttivo? 
E’ un’attitudine che fa parte di me da sempre, anche se la piena consapevolezza è arrivata poco prima dei 50 anni. Nonostante il lavoro di allora mi piacesse, non mi sentivo completamente realizzata. Per questo ho deciso di accettare una nuova sfida professionale, iniziando a gestire nel mio tempo libero un centro olistico. Cercare ed offrire strumenti per il raggiungimento del benessere delle persone, mi ha permesso di esplorare e coltivare la mia parte più intima e sensibile. Il lavoro che da alcuni anni svolgo in Latteria integra perfettamente gli aspetti che nei lavori precedenti erano disgiunti: quello più razionale e quello più creativo. Sono estremamente grata per la fiducia e la preziosa opportunità che mi è stata concessa. Amo creare connessioni tra chi si può sostenere reciprocamente, guardare la realtà da prospettive diverse e trovare soluzioni ai problemi: sono molto tenace in questo.
I progetti educativi, che mi sono stati proposti dopo pochi mesi dal mio ingresso in Latteria, mi hanno subito appassionata: pensare alle possibilità che questi percorsi possono offrire ai ragazzi e alla società in generale, ha subito acceso il mio entusiasmo. I riscontri ricevuti – non solo da bambini e insegnanti, ma anche dai partner – sono tesori preziosi che alimentano la speranza di un futuro migliore. In modo naturale sono nate sinergie che di anno in anno hanno rafforzato legami e professionalità. Mi riconosco in questo approccio: amo procedere a piccoli passi, valorizzando ciò che già esiste e integrando gradualmente ciò che è nuovo.

2. In che modo riesci a connettere il mondo della scuola con quello della cooperazione agricola e della produzione alimentare? 
Il mondo della scuola è molto vario e complesso, così come lo è il nostro. Credo che creare connessioni con i giovani sia fondamentale per una realtà come la nostra, che vede centrale il ruolo degli allevatori, una professione per la quale oggi è sempre più complicato attrarre talenti. Creo occasioni per spiegare alle nuove generazioni il loro lavoro. Questo è oggi più che mai necessario, non solo per la Latteria, ma anche per il nostro territorio. I ragazzi capiscono, allora, che alla fatica si uniscono molte soddisfazioni.

3. Quali sono le reazioni più frequenti di bambini e ragazzi durante i vostri percorsi didattici? 
Le reazioni più immediate sono lo stupore e la meraviglia per l’assaggio del prodotto. Mi riferisco in particolare al latte fresco, che entusiasma ancor più dello yogurt. Sentirli gongolare di piacere allarga il cuore. Nelle degustazioni propongo ai bambini e ai ragazzi un’esperienza da “professionisti”, che passa attraverso tutti i sensi, fornendo schede di valutazione adeguate graficamente all’età e che si rivelano strumenti molto utili anche per il monitoraggio dei progetti.

4. Perché ritieni importante coltivare relazioni di fiducia tra chi produce e chi fruisce dei prodotti, soprattutto con i più giovani? 
È importante spiegare i processi produttivi degli alimenti: conoscere la provenienza del cibo e il modo di ottenerlo contribuiscono alla creazione di un rapporto più consapevole con il cibo stesso, alla sua valorizzazione, al rispetto del produttore – che a sua volta deve rispettare il consumatore applicando scelte sostenibili e corrette nella selezione degli ingredienti e delle materie prime lungo tutta la catena di fornitura. Raccontare la propria storia di produttori implica anche sensibilizzare alla lotta contro lo spreco alimentare e favorire l’engagement dei nuovi talenti. La prospettiva che si vuole offrire è sempre ottimista e proattiva. Creare reti e sinergie è sicuramente un ottimo modo per vedere il futuro in maniera più serena.

5.Il bilancio di sostenibilità della vostra cooperativa è un traguardo importante, ma anche uno strumento educativo: quale ruolo ha, secondo te, nella mediazione culturale? 
Il Bilancio di Sostenibilità permette un’analisi a tutto tondo della propria attività, mettendo in luce in modo trasparente positività e criticità. La consapevolezza che deriva da questa analisi è un’opportunità preziosa per pianificare azioni di miglioramento continuo, oltre che attività a livello educativo, che riguardano l’alimentazione (nostro core business) e il benessere in generale. Si allargano gli orizzonti cercando nuove strategie, creando connessioni. Portare nelle classi l’esperienza della redazione del Bilancio di Sostenibilità contribuisce al rafforzamento di nuove competenze ed è un esercizio estremamente utile al pensiero critico. Ritengo che l’ascolto attivo dei giovani e delle loro esigenze sia un processo fondamentale per una crescita aziendale sana.

6. Che valore ha per te il cibo come strumento di educazione culturale e sociale? 
Il cibo è un maestro silenzioso: insegna la consapevolezza della fatica necessaria a produrlo e invita a rispettarne il valore. Penso soprattutto al latte: un alimento un tempo centrale nell’alimentazione dei bambini, oggi spesso trascurato. “Rialfabetizzare” i più piccoli al gusto autentico del latte significa aiutarli a riscoprire un legame profondo con le radici del nostro territorio e con la cultura del nutrirsi in modo semplice, sano e condiviso.

 

 

Mirella Protti, presidente dell’associazione Mèlia ETS

 

mirella protti

 

Fondatrice e presidente dell’associazione Mèlia ETS, Mirella Protti promuove attività educative, culturali e artistiche dedicate al benessere e alla sostenibilità, aperte a tutte le età. Con Mèlia porta avanti iniziative che favoriscono il dialogo intergenerazionale, l’inclusione sociale e la prevenzione della povertà educativa, valorizzando le risorse del territorio. Prima di Mèlia ha collaborato con numerose realtà associative e ha organizzato per due anni consecutivi il Festival della Sostenibilità a Pavia, creando connessioni tra cittadini e personalità del mondo scientifico, artistico e ambientale.

1. Cosa ti ha spinto a fondare Mèlia e quale visione educativa guida le vostre attività? 
Mèlia è nata come risposta a una necessità: creare progetti educativi, sociali e ambientali capaci di stimolare riflessioni e cambiamenti. Ho voluto condividere la mia esperienza nell’educazione e nella comunicazione con un approccio pratico ed esperienziale, orientato alla sostenibilità. L’obiettivo è trasmettere valori e consapevolezza: ogni azione conta. Vogliamo promuovere una cittadinanza attiva fondata su rispetto, inclusione e accoglienza.

2. Hai lavorato a lungo nel mondo associativo e organizzato eventi complessi: cosa ti motiva a proseguire su questa strada, nonostante le difficoltà? 
Lavoro da anni nel mondo associativo e, nonostante le difficoltà, continuo a farlo perché credo profondamente nella forza della società civile, molto più attiva e vitale di quanto spesso emerga. Il mio impegno è una vocazione che mi accompagna da anni. Gli Enti oggi hanno maggiore autonomia e un ruolo sempre più rilevante accanto alle istituzioni, riescono a colmare vuoti e rispondere a bisogni reali. Ed è proprio nel vedere come questo impegno si traduce nella vita delle persone – bambini entusiasti, studenti e cittadini che collaborano, nuove relazioni che si creano – che trovo la mia più grande fonte di energia e motivazione.

3. Perché è importante oggi creare spazi educativi e culturali aperti a tutte le età e capaci di generare rete? 
Perché mediare tra interlocutori diversi è indispensabile: solo così si costruiscono fiducia e relazioni tra istituzioni e cittadini. Gli spazi educativi e culturali rafforzano il tessuto sociale e generano creatività, speranza, competenze relazionali e progettuali.

4. Che ruolo giocano, secondo te, l’arte e la creatività nei percorsi di sostenibilità e benessere collettivo?
Arte e creatività hanno un ruolo centrale nei nostri progetti, parlano a tutti, riescono a trasmettere messaggi profondi. Attraverso l’arte ci riconnettiamo alla nostra emotività, ritroviamo parti di noi che la routine quotidiana rischia di soffocare. Questo ritorno alla complessità personale genera benessere. In più, l’agire collettivo rafforza legami tra persone, territorio e natura che ci circondano, accrescendo il benessere.

5. Cosa sogni per il futuro di Mèlia e dei progetti educativi che portate avanti? 
Per Mèlia sogno continuità e crescita. Vorrei coinvolgere nuovi soci e associazioni con competenze diverse, per ampliare risorse e possibilità. Il mio desiderio è creare un gruppo di lavoro che intrecci legami con scuole, istituzioni, associazioni e imprese, pubbliche e private, così da trasformare in realtà gli obiettivi dell’Agenda ONU 2030. Non devono restare un’utopia: è nella concretezza delle azioni che possono prendere forma.

 

carla barzano

Carla Barzanò

Carla Barzanò, dietista, giornalista, esperta di didattica dell’educazione alimentare, autrice di diversi libri dedicati ai bambini e alle famiglie, conduce dal 1989 laboratori di cucina e di assaggio per adulti e bambini. Ha progettato  e coordinato numerosi progetti di educazione del gusto costantemente monitorati e rinnovati con la metodologia della ricerca-azione, con l’obiettivo di valorizzare gli aspetti quotidiani dell’alimentazione. In queste sedi ha incontrato un folto gruppo di interlocutori, di ogni fascia d’età. Si impegna a divulgare pratiche per una alimentazione sostenibile in sintonia con gli obiettivi dell’agenda Onu 2030.

 

 

 

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